mercoledì 28 settembre 2016

NON ABBIAMO BISOGNO DI PAROLE

Siamo arrivati ad un punto in cui elogiamo troppo spesso coloro che "non si fanno prendere troppo dalle emozioni" ed indichiamo come modelli individui "tutti d'un pezzo" o "equilibrati". Quando siamo adulti potrebbe andare bene (anche se nutro molti dubbi sulla bontà di certi equilibri apparenti), ma quando ci troviamo di fronte a bambini e adolescenti credo che evitare le emozioni - perché ritenute fuori dallo schema di ordine precostituito - sia un errore. Se è vero quello che affermava Sartre sulle emozioni, ovvero che esse sono una "maniera magica di trasformare il mondo", e che attraverso le stesse conosciamo e comunichiamo ancora prima di essere in grado di parlare, perché passiamo la nostra vita a relegarle sul fondo della nostra esistenza, come se fossero un fastidio, un qualcosa che ci pone fuori dalla realtà? 
Troppo spesso rinchiudiamo i più giovani in recinti in cui la consapevolezza delle emozioni e il loro manifestarsi non possono entrare, come se da esse dovessimo scappare per l'incapacità a gestirle.
Ed è ancora più paradossale che negli ultimi anni si sia sdoganato il sesso e il porno ritenendolo "frutto dei tempi", trovandoci invece in imbarazzo quando si parla di emozioni. Forse perché esse ci rendono semplicemente e davvero nudi davanti agli occhi di tutti. 
Credo dunque sia necessario riprendere contatto con le nostre emozioni, e dobbiamo farlo fin da piccoli. Ma come fare? Per alcuni si può provare con la meditazione, con esercizi di mindfulness, sedute di terapia di mille tipi (il mercato ne è pieno); per me invece il contatto con il "gioco" è un inizio. In particolare, il GIOCO DEL TEATRO. Non un teatro fatto di ruoli, schemi, aspettative e pretese, bensì un luogo dove si dia spazio all'individuo,  iniziando  dal primo strumento che la natura ci ha dato: il corpo.
Attraverso esso l'uomo racconta storie, tramanda tradizioni e si mostra per quello che è. La società di oggi troppo spesso ritiene pericolosa la comunicazione non verbale al punto da volerla strumentalizzare od incanalare verso obiettivi precisi, mentre dovrebbe lasciarla esprimere in totale sincerità e rispetto per l'altro.
Attraverso il teatro noi accogliamo prima di tutto noi stessi, per poi rivolgerci verso gli altri senza sovrastrutture o modelli, senza dover rispondere a questi in modo schematico e a volte violento.
Quanta violenza si fa a volte in certe scuole di teatro, o di danza o di musica? Ce lo siamo mai chiesto.
Scrive Helga Dentale "il bambino di oggi è l'adulto di domani. A noi il compito di fermare questa corsa sfrenata che non tiene più di bisogni profondi, globali e indispensabili per una crescita equilibrata"
Partiamo da qui. Dalla consapevolezza del bene come libertà di sentire, creare ed emozionarci.

domenica 25 settembre 2016

IL PUNTO DI PARTENZA

Quando si ha un'idea in cui si crede molto o che ci entusiasma particolarmente, si viene guidati da una sorta di irruenza giovanile che auguro a tutti di provare mille volte nella vita. Perché, se da un lato ti porta a scelte non ancora "mature" o "pronte", dall'altro ti permette di inseguire quell'idea con tutte le tue forze, oltre ogni apparente difficoltà, ogni "scoraggiamento". Insomma, ti autorizza a chiamare quell'idea "sogno".
Questo blog e la pagina collegata sono l'esempio pratico (pur se per ora solo virtuale) di ciò che ho detto, ed il silenzio di questi mesi lo dimostra. 
Non che ora il progetto sia del tutto pronto, così come non sono chiari i contorni di questo contenitore che ha il comune denominatore in un'arte di cui sto conoscendo lati e potenzialità inimmaginabili. IL TEATRO. 
Molti conoscono la mia passione per il palcoscenico, un'attrazione che dura da circa 20 anni, fatti di piccole esperienze (più o meno dilettantistiche) e di esperimenti (più o meno riusciti), che mi ha portato con alti e bassi ad inseguire tutto ciò che si svolge su quelle assi illuminate.
Le luci, si sa, illuminano solo alcune parti dello spettacolo, lasciando il resto all'immaginazione e ai sogni; così da una penombra affascinante è uscito, per me, un teatro oltre l'idea di show, di spettacolo e di performance. Un teatro per i bambini e ragazzi fatto da bambini e ragazzi: un insieme di percorsi ed intrecci in grado far crescere gli adulti di domani secondo un pensiero libero e creativo, attraverso un corpo che sia strumento di creatività e conoscenza. 
Di questo viaggio voglio raccontarvi i passi, i pensieri ed i traguardi che sarò in grado di raggiungere assieme alle persone che incontrerò da oggi in poi, nella mia nuova formazione. Un modo per far sì che l'idea di uno sia l'idea di tutti, senza egoismi o manie di grandezza, senza paura di giudizi. 
Solo esperienza condivisa.
E come in ogni "piccola impresa" che si rispetti anche qui c'è qualcuno che con le sue parole ha soffiato sulle mie vele. Gianmarco Busetto, involontario mentore, Debora Slanzi in grado di portare a zero il mio ego ed  insegnarmi a camminare, Milan Cristina, mia moglie, un vento docile ma energico che  mi ha permesso di tracciare una rotta. 
A loro ho rivelato cos'è il teatro per me.   E qui passo dopo passo lo descriverò a voi. 
C'è un teatro dove non si ha nulla da dimostrare, dove non si temono i giudizi altrui, perché si è liberi di mostrarsi come si è. Un teatro dove non c'è spazio per l'omologazione e si accoglie ogni forma di  corpo che senta il bisogno di esprimersi, dove nessuno è inadatto, dove si trova il tempo e lo spazio di cercare le domande da farsi, senza l'obbligo di aspettarsi preconfezionate risposte.
E c'è un teatro dove si può creare, immaginando, una società possibile, viva e reale.

Come scrisse Gianni Rodari "Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo"