Troppo spesso rinchiudiamo i più giovani in recinti in cui la consapevolezza delle emozioni e il loro manifestarsi non possono entrare, come se da esse dovessimo scappare per l'incapacità a gestirle.
Ed è ancora più paradossale che negli ultimi anni si sia sdoganato il sesso e il porno ritenendolo "frutto dei tempi", trovandoci invece in imbarazzo quando si parla di emozioni. Forse perché esse ci rendono semplicemente e davvero nudi davanti agli occhi di tutti.
Credo dunque sia necessario riprendere contatto con le nostre emozioni, e dobbiamo farlo fin da piccoli. Ma come fare? Per alcuni si può provare con la meditazione, con esercizi di mindfulness, sedute di terapia di mille tipi (il mercato ne è pieno); per me invece il contatto con il "gioco" è un inizio. In particolare, il GIOCO DEL TEATRO. Non un teatro fatto di ruoli, schemi, aspettative e pretese, bensì un luogo dove si dia spazio all'individuo, iniziando dal primo strumento che la natura ci ha dato: il corpo.
Attraverso esso l'uomo racconta storie, tramanda tradizioni e si mostra per quello che è. La società di oggi troppo spesso ritiene pericolosa la comunicazione non verbale al punto da volerla strumentalizzare od incanalare verso obiettivi precisi, mentre dovrebbe lasciarla esprimere in totale sincerità e rispetto per l'altro.
Attraverso il teatro noi accogliamo prima di tutto noi stessi, per poi rivolgerci verso gli altri senza sovrastrutture o modelli, senza dover rispondere a questi in modo schematico e a volte violento.
Quanta violenza si fa a volte in certe scuole di teatro, o di danza o di musica? Ce lo siamo mai chiesto.
Scrive Helga Dentale "il bambino di oggi è l'adulto di domani. A noi il compito di fermare questa corsa sfrenata che non tiene più di bisogni profondi, globali e indispensabili per una crescita equilibrata"
Partiamo da qui. Dalla consapevolezza del bene come libertà di sentire, creare ed emozionarci.